Si parla molto di Alimentazione, stili di vita alimentari, scelte alimentari ma anche disturbi alimentari spesso non tenendo di conto la base certa di quello che è per noi l’alimentazione ovvero il CARBURANTE, l’energia fondamentale per il nostro corpo al fine di procedere nel suo percorso di crescita e benessere.
Fin da piccoli e soprattutto nel nostro Paese Italico l’alimentazione viene culturalmente messa al centro dell’attenzione e coloro che non condividono alcune scelte alimentari molto spesso si trovano ad essere considerati un tantino dei “diversi” anche se adesso grazie a Dio queste differenze stanno sempre più nella marginalità della nostra società culturale e le differenze sono talmente tante che nessuno ci fa più caso; è normale trovarsi una sera a cena e vedere una tavola composta da onnivori, carnivori, vegetariani, vegani, macrobiotici e chi più ne ha più ne metta senza per questo porsi domande alcune ma bensì rispettando le scelte individuali.
Quello che però spesso non andiamo ad analizzare e sul quale difficilmente facciamo caso è che la scelta degli alimenti, dei tempi dei pasti non sempre segue i ritmi e le esigenze del corpo bensì quelli della psiche.
Occupandomi quotidianamente di Psicosomatica e sapendo bene quanto mente e corpo vadano a braccetto mi sono chiesta se ci fosse qualche collegamento anche tra scelta di alcuni cibi ed emozioni presenti che caratterizzano lo stato d’animo di un momento per cui la nostra scelta del cibo viene da esso gestita inconsapevolmente. Difatti è facile capire che il nostro rapporto psicologico con il cibo subisce l’influenza di diversi condizionamenti dati dal momento emotivo che stiamo attraversando, dai ricordi che a quel cibo vengono associati (si ricordi ad es. le madleine per Proust) e questo per me è stato possibile notarlo oltre che doverlo analizzare ogni qual volta mi si sono presentate situazioni di pazienti in Kinesiologia Applicata che rientrano in casistiche di allergie o intolleranze alimentari dove non è detto che il fattore scatenante che pone l’organismo in dissonanza con quello specifico alimento abbia una base chimica o biologica.
Tornando in modo diretto sull’argomento proviamo a pensare a quali cibi associamo nei diversi momenti emotivamente forti come ad es. quando siamo tristi; in questi casi chi di noi non si è trovato in bocca quasi in modo del tutto automatico un dolcetto o un cioccolatino? Penso che sia capitato a tutti di cercare alimenti contenenti zuccheri o cacao in queste circostanze. Il sapore dolce diventa il rifugio delle emozioni tristi e nei momenti di tristezza, amarezza, sconforto o noia diventa più appagante il dolce in quanto in quel preciso momento abbiamo bisogno di trasgredire. Dobbiamo poi tenere presente che il caco di per sé è fonte di serotonina (ormone della felicità) pertanto in questi momenti è come se ci fosse una scelta saggia del corpo che giuda il bisogno inconscio di gioia e serenità, voglia di felicità. Ma il mondo è bello perché è vario, come dico sempre io, ed allora possiamo anche imbatterci in altre tipologie di persone che, in uno stato emotivo di tristezza, perdono la voglia ed il desiderio di mangiare. In questo caso specifico non è il corpo a non aver bisogno di energia, quasi si dichiara in standby ma la mente invece decide di chiudere le comunicazioni con l’esterno per non aggravare lo stato emotivo interiore generato da eventi esterni dati dal vissuto personale; la persona sarà più disposta a parlare poco e tendere all’isolamento al fine di proteggersi e recuperare le forze. Lo stesso atto ed azione dell’introdurre il cibo rappresenta simbolicamente l’introduzione di un elemento proveniente dall’esterno del quale però il nostro inconscio ne da una chiave di lettura come benevolo o negativo nella sua introduzione; pertanto piò divenire carburante ma anche intossicazione o problematica alimentare.
In uno stato emotivo di gioia invece, produciamo più adrenalina, siamo più energici ed attivi e magari sentiamo meno il desiderio di mangiare; questo è uno stato mentale che ci porta ad essere sempre impegnati in attività distogliendoci dalle necessità primarie del corpo. Un esempio pratico che potete ritrovare può essere dato dall’artista quando è in piena fase creativa o da chi è concentrato in un lavoro dove il desiderio di cibo passa in secondo piano e ci si nutre del minimo indispensabile.
La noia è un altro importante stato emotivo al quale un po’ tutti siamo nel corso degli eventi di vita soggetti; un momento in cui abbiamo bisogno di staccare, di cedere al pressing quotidiano del “fare” ed abbiamo bisogno di calma, silenzio e pace interiore. In questo preciso momento non si ricerca alcuna attività da fare bensì può capitare di occupare il tempo mangiando o spiluccando in continuazione. La scelta alimentare in questi momenti ricade tristemente ed inevitabilmente sui cibi spazzatura perché rispecchiano proprio lo stato emotivo in essere.
Teniamo comunque presente che l’uomo ha un’innata attrazione per ciò che è proibito e questo sentimento si riversa anche nei confronti del cibo. Fin da bambini quando ci viene proibito un alimento siamo soliti protestare attraverso capricci o veri e propri “furti” nella dispensa per poter mangiare ciò che appaga il nostro desiderio o bisogno anche se di nascosto dai genitori e con il timore della conseguente sanzione. Quando diventiamo adulti la dinamica è la medesima, è facile desiderare di mangiare quello che sappiamo ci farà male; questo lo possiamo considerare anche un argomento alla base dei fallimenti delle diete dimagranti, nelle quali la restrizione alimentare fa desiderare anche i cibi per i quali, normalmente, non si proverebbe alcuna attrazione.
Lavorando molto spesso anche come Pedagogista so bene quanto sia importante dare al bambino la giusta educazione alimentare, fin da piccolissimi il rapporto con il cibo è un rapporto basilare perché il nutrimento del corpo e dell’anima passano anche attraverso questo. La mente di un bambino ed il suo rapporto con il cibo è in fase costruttiva attraverso ogni sapore, ogni forma e colore che sono sempre una nuova scoperta. Se da genitori riusciamo ad essere sereni ed obiettivi con il cibo il bambino non avendo condizionamenti segue il suo istinto primario, pertanto se un cibo ha un odore o un sapore sgradevole, lo rifiuta. In questo caso però entrano in gioco gli adulti che molte volte obbligano il bambino a mangiare un determinato cibo perché lo ritengono sia necessario per la sua crescita ed inevitabilmente scatta un rifiuto, un disprezzo che nell’età adulta può configurarsi anche come intolleranza o allergia ad un dato alimento in quanto resta, come dico io, nella nostra memoria cellulare come evento fonte di stress.
Nei diversi ricordi consci o inconsci portati dall’infanzia vi sono anche i sapori legati alla sfera affettiva; pensiamo ad es. alla torta preparata dalla nonna o alla cucina della mamma. Il rapporto con il cibo, qualunque esso sia, ha la sua matrice nell’infanzia e da qui resta come imprinting per tutta la vita.
I quotidiani ritmi produttivi e ben poco umani, la negativa organizzazione del lavoro in virtù della corretta salute ci impongono una pausa pranzo sempre più ridotta e fuori casa dove si mangia quello che capita, senza spesso prestare attenzione alla corretta alimentazione. Tutte queste scelte, molte volte forza ci condizionano ed intaccano mettendola a rischio la nostra salute ed i processi metabolici ad essa correlati. Questa organizzazione alimentare fatta di colazioni frettolose o saltate, pranzi fugaci o poco ricchi di nutrienti, pause o breack composte solo da zuccheri o sostanze eccitanti hanno come conseguenza atteggiamenti che portano a consumare cene sostanziose giustificate dal finalmente raggiunto stato di relax di fine giornata e dal fatto che a pranzo non si è mai mangiato abbastanza. La scelta ottimale sarebbe quella di portarsi il pranzo da casa, ma per molti è scomodo e impegnativo o antisociale dover mangiare senza i colleghi; si perché anche quello che ci viene detto dagli altri crea un condizionamento importante. L’opinione di un amico stretto in merito alla nostra alimentazione, il suo parere estetico ed i sui giudizi possono assumere un grande rilievo o causare condizionamenti a volte pesanti.
In questi casi si possono sviluppare auto-condizionamenti attraverso i quali il cibo si associa allo stato mentale dettato dall’opinione altrui arrivando a rifiutare o sabotare degli alimenti perché ritenuti da qualcuno per noi importante ed autorevole fonte del nostro “essere ingrassati” o “sciupati” nell’ultimo periodo. La soluzione a tutto questo è considerare il fatto che ascoltando il nostro corpo, ciò di cui ha bisogno ed i messaggi che ci invia esso ci guiderà costantemente e nella miglior formula verso ciò che ci serve come carburante alimentare e, non ci danneggia, anche se di per sé come sostanza potrebbe essere considerata deleteria. Il corpo è saggio e non mi stancherò mai di ripeterlo, esso vive sempre nel presente abbracciando tutti i nostri cambiamenti ed i nuovi metabolismi che si attivano a livello fisico, emozionale ed energetico; ascoltiamolo e non sbaglieremo mai!!